martedì 13 ottobre 2009

Il compiuto disegno delle istituzioni repubblicane.

Prassi dei comitia centuriata. Per avere la maggioranza bastava la prima classe (80 centurie), più le 18 centurie degli equites (20 erano le centurie delle classi da II a IV, 30 quelle della V classe). I comitia erano convocati dal magistrato competente (di solito il console), dando notizia della sua proposta di legge. Il dibattito si svolgeva senza poter modificare la proposta. La votazione era per centurie. Tendenze di fondo della legislazione comiziale: molti provvedimenti intervenivano sulle competenze di singole magistrature; disciplinavano gli stessi comizi; molte delibere riguardavano la dichiarazione di guerra e la conclusione della pace (insieme al Senato); la fondazione di colonie, l’attribuzione di statuti municipali, la concessione della cittadinanza. Ma vi erano anche norme di “politica sociale” (come le norme sui debiti, sull’usura, sul mondo agrario, sui lavori pubblici)

I consoli. Avevano il supremo potere di comando (imperium maius). Esso era distinto in imperium militiae e in imperium domi, a seconda che si esercitasse sugli ordinamenti militari o sulla vita della comunità politica. All’interno della città i consoli convocavano i comizi curiati per far approvare nuove leggi o per far eleggere i magistrati: a riguardo, i consoli presentavano liste di candidati, formate insieme al Senato. I consoli avevano anche competenze nella gestione del tesoro e nella repressione penale. Fino alla creazione del praetor (367 a. C.), essi detenevano funzione giurisdizionale persino in campo civile.
Fin dall’inizio della repubblica era a disposizione dell’ordinamento anche una figura dai poteri eccezionali, il dictator. Egli non era eletto, ma nominato dai consoli (anche uno solo), in accordo con il Senato.
Accanto e sotto i consoli si trova una serie di altre figure: il praetor, cui era deferita la competenza sui processi fra privati (era dotato altresì di imperium). Il suo era prevalentemente un controllo di legittimità (il processo romano era diviso in due fasi: l’accertamento dei fatti addotti dalle parti e l’inquadramento giuridico da parte del pretore o di un giudice da lui nominato; la sentenza da parte di un altro giudice, che era di solito addirittura privato). I censori si occupavano non solo del censimento della popolazione (includendo i cives nelle liste del censo che erano alla base della vita politica romana), ma anche di amministrazione dei beni pubblici. Erano eletti ogni cinque anni e non erano muniti di imperium.
Il Senato, sin dalle origini della repubblica, approvava le deliberazioni legislative dei comitia. Nei decenni tra il IV e il III sec. a. C. il Senato ebbe il potere di autorizzare i magistrati a presentare proposte di legge. Le leggi dei comitia non erano così più sottoposte all’approvazione del Senato: piuttosto, questo manteneva una sorta di filtro preventivo.
Senatus consultum. L’azione dei magistrati dotati di imperium si svolgeva con il sostegno del Senato. Il “consiglio” (consultum) che il Senato dava a consoli e pretore su temi importanti, però, era ben più di un parere: era una disposizione che di solito doveva essere attuata (soprattutto nelle materie più importanti: la pace e la guerra, la gestione delle finanze).

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