Giovanni Tabacco La formazione delle signorie locali (X-XII secolo)
da http://fermi.univr.it/RM/biblioteca/VOLUMI/tabacco/cap.%20VI.zip
Avvenne in quei secoli un duplice e contraddittorio processo. Da un
lato il potere regio distribuì – o tollerò che si disperdessero – fra
più mani non soltanto parti del territorio pubblico (alienazione
di castelli e di città, sviluppo delle concessioni immunitarie), ma
anche parti del potere pubblico stesso: alienò qui un pedaggio,
là un diritto di mercato o di moneta, o la percezione di tributi
regi consuetudinari, o un potere di fortificazione, o un diritto di
placito, o la metà dei proventi del placito (dei proventi cioè giu-
diziari); e tollerò che duchi, conti e marchesi procedessero nel
medesimo modo a distribuire diritti di origine pubblica, e che
tali diritti passassero attraverso le più varie transazioni economi-
che, nelle forme di cessione e di successione proprie del diritto
privato, dall’uno all’altro signore, da un signore ad un ent
un ente ad un altro. D’altro lato ogni ente o signore – in quanto
protettore dei coltivatori residenti nelle sue terre, o dei famuli
(servi, o semiliberi) da lui personalmente dipendenti, o degli
uomini domiciliati nell’area territoriale gravitante su una fortezza
– spontaneamente sviluppava la propria superiorità economica,
sociale o militare in un dominio che tendeva ad assumere una
forma concettualmente unitaria (anche quando territorialmente
discontinua), traducendosi, riguardo agli h o m i n e s s u b o r d i n a t i ,
nella richiesta di una pluralità di servizi (per mantenimento del
castello, per la polizia sulle terre signorili o sul territorio protet-
to, per la difesa anche militare del signore) e di contribuzioni
consuetudinarie e nell’emanazione di ordinanze signorili (i
banna puniti con multe) e di sentenze giudiziarie di placito: una
pluralità di diritti consuetudinari nuovi (nuovi rispetto alle con-
suetudini regie di tradizione carolingia, più o meno manomesse
dalla dispersione dei poteri pubblici) che scaturivano da una
concreta volontà di comando unitario, pur se esercitato in
dimensioni anche minime. Donde la difficoltà e in molti casi
l’impossibilità di chiarire che cosa nel XII secolo, fra i diritti di
supremazia esercitati da un determinato signore, derivasse dalla
disintegrazione di vecchi diritti di origine pubblica e che cosa
procedesse dal germinare di nuovi poteri di protezione: se ad
esempio l’onere di una albergaria (dovere di alloggiare e nutrire
il signore e i suoi agenti che soggiornassero provvisoriamente in
una località) fosse il prolungamento di un antico onere gravante
sui liberi homines di fronte al potere pubblico, per effetto dei
successivi trapassi del diritto correlativo dal re o dai suoi ufficiali
ad enti o famiglie, o se fosse una consuetudine nata dall’eserci-
zio di un potere nuovo, per imitazione di quello antico, non per
derivazione da esso.
Il duplice contraddittorio processo tende pressoché ovunque
a conchiudersi, fra XII e XIII secolo, col prevalere dell’orienta-
mento unitario: con la reintegrazione cioè dei poteri politici di
esazione, di comando e di giurisdizione, esercitati su un rag-
gruppamento di uomini, nelle mani di un determinato ente o
signore, o per lo meno nelle mani di enti e signori che risolvono
la loro anteriore concorrenza discorde in un compromesso di
coesistenza più o meno armonizzata.
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