I Franchi completano la conquista della Gallia romana fra il 486 e il 536 d.C. Il rex franco e i vescovi fuono le sole autorità rimaste sul territorio. A loro volta, i vescovi fecero da tramite per l’alleanza tra i re merovingi e i magnates gallo romani.
Nella Gallia merovingia il primo tessuto istituzionale fu - come accennato - quello determinato dall’incontro del re con i vescovi. Il re aveva altresì bisogno del placitum (consenso) dei nobili franchi e dei magnates di origine romana. Espressione della sua autorità era il banno, cioè l’ordine che manifestava la sua volontà. Per il governo del territorio il rex merovingio poteva fare affidamento su duces e comites, che soprastavano a un’approssimativa distrettuazione. L’unità della compagine statuale franca fu sempre in pericolo: non solo infatti non si conosceva il principio del “maggiorascato”, per cui il regno era diviso tra i figli del re alla morte di quest’ultimo, ma si susseguivano anche spesso conflitti intestini per la successione. Quanto alle linee generali dell’amministrazione, i re merovingi tentarono di tenere in vita nel VI secolo l’apparato gallo-romano. Ma ciò era orma impossibile, come si vide bene nell’esempio dell’amministrazione tributaria.
Gli Anglo-Sassoni, invece, non ebbero praticamente rapporti con le istituzioni romane. Dalla metà del V secolo ebbero il controllo delle isole britanniche, nella quale fondarono sette regni. Oltre al re, la principale istituzione politica era l’assemblea degli uomini liberi (witenagemot). La soluzione assembleare, infatti, era resa possibile dalle ristrette dimensioni dei regni. La conversione al cattolicesimo non portò radicali mutamenti in questo quadro. L’unificazione dei regni anglo-sassoni si stava compiendo nel IX secolo, quando fecero irruzione i Normanni.
I Vichinghi o Normanni erano originari della Scandinavia, dove costituirono diversi regni. Essi erano però organizzazioni poco stabili, formate da tribù guidate ognuna dal proprio condottiero (jarl). Il più carismatico degli jarls, se era capace di riunire più tribù, assumeva il titolo di konnungr (re), ma la carica non era affatto ereditaria. I Normanni si stabilirono già IX secolo in Inghilterra, suscitando la reazione della monarchia anglo-sassone. Essa si organizzava ormai in distretti amministrativi detti hundreds, riuniti in contee, dette shires. Qui venivano esatti diritti, tributi e tasse, cioè i mezzi con i quali si attuò un certo potenziamento della monarchia anglo-sassone. Fu infatti riformato l’esercito, venne costituita una piccola flotta (soprattutto a cura dei sovrani del Wessex) e una prima rete di fortificazioni.
Nell’impero d’Oriente le istituzioni politiche rimasero sostanzialmente quelle di Diocleziano, con le prefetture del pretorio, le province, le diocesi, la distinzione tra duces e iudices a livello del governo provinciale. Del 583 è la creazione degli esarcati (di Ravenna e Cartagine): si trattava di luogotenenze militari, che davano vita a una sorta di amministrazione di frontiera. Il territorio dell’Asia minore fu riunito in circoscrizioni detti temi, al cui vertice vennero posti degli strateghi, che esercitavano il massimo potere civile e militare (al pari degli esarchi). Dopo le conquiste arabe del VII secolo e la perdita dei territori italiani tra VIII e IX secolo, l’impero orientale divenne “greco”. Il potere politico fu accentrato in quattro logotesie. Esse avevano competenze per materia: (affari interni ed esteri, esercito, finanze). I temi furono estesi a tutto il territorio dell’impero.
I Longobardi iniziarono la penetrazione in Italia nel 568. Si muovevano in farae, associazioni in marcia. Ognuna di esse era guidata da un dux. L’invasione non trovò resistenza, dopo venti anni di guerra tra ostrogoti e bizantini. I duchi longobardi elessero nel 584 re Autari. Presto istituì i gastaldi, funzionari che amministravano i beni della Corona. Quindi, tra il VII e l’VIII secolo si diffuse il gasindiatum. Sia il re che i duchi potevano infatti nominare i gasindi, nuove figure legate da rapporti di fedeltà, simili al vassaticum franco.
L’Editto di Rotari (re dal 636 al 652) non riguarda da vicino le istituzioni politiche. Ci mette nondimeno di fronte a un’evidenza. Tra VII e VIII secolo i Longobardi non erano più un popolo che vive in tribù: avevano un re che emanava leggi e faceva battere moneta, un’amministrazione centrale con compiti fiscali, persino un’organizzione militare che contava sia sui Longobardi che sui Romani.
Nell’Italia bizantina (esarcato di Ravenna, Pentapoli [Rimini, Pesaro, Ancon, Senigallia, Fano], ducato di Roma) si perse la distinzione tra amministrazione civile e militare. Nelle città non esisteva più la Curia, il consiglio cittadino. I vescovi (come a Roma) diventano protagonisti del governo civile.
Nel regno dei Franchi, nel 751 Pipino il Breve si impadronì della corona. La monarchia franca iniziò a cercare una legittimazione religiosa, contando sull’appoggio di papa Zaccaria. Pipino si fece eleggere da un’assemblea di duces, comites e altri “grandi” del regno, e poi consacrare da un vescovo (seguendo un rito biblico già adottato dalla monarchia visigota). Nacque ora il feudalesimo vero e proprio.
Renovatio imperii dell’anno 800. A Bisanzio regnava l’imperatrice Irena (752-803), fortemente avversata. Papa Leone III vedeva dunque un vuoto di potere e facendo acclamare Carlo imperatore dai Romani presenti in San Pietro colmò un vuoto a suo interesse. Roma era infatti nominalmente ancora sotto l’impero bizantino. Carlo continuò in effetti a qualificarsi come re dei Franchi e re dei Longobardi, non ritenne mai che il suo titolo imperiale dovesse passare in successione ai suoi discendenti. Solo si considerava responsabile di fronte a Dio della sua missione.
Dell’817 fu la Ordinatio Imperii di Ludovico il Pio: era proclamata l’unità dell’Impero.
Era però un risultato effimero: l’Impero carolingio era destinato a dividersi già alla metà del IX secolo.
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